I cedri di Colà di Lazise

I cedri di Colà di Lazise

A Colà di Lazise, in provincia di Verona, incontro Vittorio Nalin, 84 anni, l’imprenditore che ha fondato il Parco Termale del Garda di Villa dei Cedri. Siamo seduti attorno a un tavolino per una breve intervista nel giardino d’inverno della tenuta di Villa dei Cedri, il parco botanico e termale cui Nalin dedica le sue energie da oltre trent’anni. Adibito al relax per i frequentatori delle terme, che sono balneabili anche nella stagione fredda, il giardino d’inverno è confortevole: è stato realizzato nel 2007 da sapienti artigiani e si armonizza con l’elegante parco circostante. Al piano interrato, è dotato di spogliatoi e altri locali di servizio per il pubblico; al piano terra, ci sono il bar e il self-service; al piano superiore, ci sono comodi lettini di legno e il belvedere. Al di là delle ampie vetrate si vede un laghetto dalle cui acque benefiche si sprigiona vapore fra alti cipressi di palude che già in autunno passano dal verde al rosso brunito.
Sullo sfondo le resistenti palme di Chusan evocano l’Oriente.
Spicca solitaria una sequoia della California. L’edificio in cui ci troviamo richiama lo stile della romantica serra di Villa dei Cedri. Dal laghetto non sono visibili né la serra né la villa: sono sorprese che si conquistano passeggiando sul vialetto che costeggia lo specchio d’acqua e che prosegue su una leggera salita. La serra ottocentesca è in vetro e ferro, abbellita da volute e da motivi floreali. Fu costruita per il ricovero degli agrumi, delle piante esotiche e dei giovani alberelli da mettere a dimora nel parco. In cima a una dolce collina morenica si staglia la neoclassica Villa dei Cedri.

L’edificio di colore giallo teresiano scandito da tre piani finestrati si sviluppa orizzontalmente per una quarantina di metri: ha come unico decoro il frontone del corpo centrale, sorretto da due semicolonne e due lesene con capitelli ionici. La dimora è stata realizzata per Luigi Miniscalchi e Marianna Erizzo tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. L’architetto è Luigi Canonica, prediletto da Napoleone.
Canonica ha dimostrato grande perizia nel mettere in mutuo dialogo edifici e spazi esterni: è stato lui a occuparsi dell’Arena civica e di Foro Bonaparte a Milano oltre che, in collaborazione con il botanico Luigi Villoresi, del Parco della Villa Reale di Monza e dei Giardini di Villa Melzi a Bellagio, sul lago di Como.
Nella tenuta, a pochi passi dalla facciata posteriore di Villa dei Cedri, c’è una dimora nobiliare più antica, Villa Moscardo, contraddistinta da una torretta.
Una targa sulla facciata ricorda che nel 1530 vi si era fermato Carlo V d’Asburgo: era stato ospite dei proprietari di allora, Michele Giulari e Caterina Falconi, appena dopo essere stato incoronato imperatore del Sacro Romano Impero da papa Clemente VII a Bologna.
La villa passò dai Giulari ai Moscardo, quindi ai Miniscalchi. Attualmente vi si trovano un ristorante e alcuni locali di rappresentanza. In una nicchia in stile rocaille di Villa Moscardo ci sono una statua allegorica della Fortuna con la cornucopia e il busto di Ludovico Moscardo (1611-1681), erudito collezionista che a Verona aveva allestito il suo museo delle meraviglie (Wunderkammer).


Un muro di cinta di ciottoli racchiude il parco, di quasi tredici ettari, separandolo dalle tenute vinicole e dall’abitato di Colà. La vegetazione, con alberi secolari provenienti da tutto il mondo, è lussureggiante anche in pieno inverno, complice l’ampia scelta di sempreverdi e il microclima gardesano che fa scorgere ciclamini e primule tra l’erba anche quando il monte Baldo, ben visibile, è innevato. Dal sottosuolo si sprigiona acqua calda a temperatura costante, ricca di bicarbonato, calcio, magnesio e silicio.
Due sorgenti sono convogliate in due specchi d’acqua, proprio dove un tempo vi erano due laghetti ornamentali.
In questo luogo d’incanto, cipressi, pini, lecci, platani e ben centocinquanta cedri hanno assunto dimensioni colossali. Tra le chiome si aggirano rapidi gli scoiattoli rossi. In epoche remote si pensava che il monte Baldo fosse un vulcano spento e che le acque calde fossero originate dalla sua attività, invece provengono da una faglia che percorre ad arco l’Italia del Nord sotto la fascia pedemontana.


Ancora prima di conoscerne la storia, ho pensato che il Signor Nalin fosse una persona non comune. Qualcuno del personale mi aveva fatto notare che si preoccupava per i dipendenti del parco, che era presente nei momenti delicati della pandemia. La scelta di tenere aperta la struttura, nonostante il costo non giustificato dalle poche presenze, indicava una grande forza d’animo. La decisione di restaurare alcune parti della tenuta per affrontare al meglio il momento della ripresa denotava l’ottimismo operoso e la lungimiranza della direzione.
Un “capitano” lo si riconosce da come affronta i momenti difficili.
La biografia dell’imprenditore scritta da Silvino Gonzato "La fortuna nell’aria e in fondo al pozzo - L’avventurosa vita di Vittorio Nalin dalla fabbrica dell’ossigeno alle Terme", che ho letto su suggerimento di un addetto alla cura del lago e alla sorveglianza, mi ha illuminata sui destini incrociati del luogo e della persona. Nel 1987 Nalin aveva acquistato Villa dei Cedri per farne la sede della Sogeo, azienda produttrice di ossigeno da lui stesso fondata.

Tuttavia, dopo avere reso l’azienda solida, se n’era distaccato per occuparsi a tempo pieno del parco termale, un progetto che, in pochi anni, sarebbe diventato totalizzante. E pensare che tutto era nato per caso. Nel 1989 Nalin aveva avviato la ricerca di acqua perché il nuovo impianto d’irrigazione del parco richiedeva una portata idrica maggiore: suggerì di partire dall’area di un vecchio pozzo vicino a un laghetto ornamentale ormai stagnante.
Fu lì che a 160 metri di profondità gli operai trovarono la prima di due falde. Pensando di dargli una brutta notizia, gli riferirono che l’acqua fuoriusciva calda.
La temperatura fu poi misurata: era di 37 gradi come quella corporea. L’imprenditore intuì le potenzialità di questa scoperta. La parte meridionale del Garda è costellata di sorgenti termali che già gli antichi Romani, due millenni fa, sapevano sfruttare per le loro ville. Una volta analizzata, oltre che utile per trattamenti estetici, l’acqua di Villa dei Cedri si rivelò ricca di proprietà terapeutiche.
Inodore e insapore, poteva essere bevuta e, grazie al suo pH alcalino, circa 7.8, aveva proprietà antinfiammatorie. La balneazione non solo sarebbe stata utile per il benessere generale, ma si sarebbe rivelata idonea per la riabilitazione motoria e per il trattamento, per esempio, di patologie non acute dell’apparato locomotore, per vasculopatie periferiche, per postumi di flebiti, per celluliti e per affezioni cutanee quali eczemi e dermatiti.

Nel 1997 ci fu la prima apertura al pubblico del Parco Termale del Garda Villa dei Cedri. L’antico laghetto fu svuotato dell’acqua fredda e riempito di acqua termale. Il ricambio dei cinquemila metri cubi d’acqua è garantito ogni due giorni. Sul fondale, che consente di stare in piedi con la testa fuori dall’acqua, la ghiaia va a coprire metri e metri di tubi con gli iniettori. L’acqua che si raffredda viene utilizzata per irrigare le piante, che si giovano così dei sali minerali in essa disciolti. Un secondo laghetto di cui si era persa memoria, ma individuato grazie a una fotografia con i cigni della seconda metà dell’Ottocento, fu ripristinato e riempito anch’esso di acqua termale.
La realizzazione della struttura complessa che si vede oggi, e che comprende anche una piscina e centri per massaggi e per fisioterapia, ha richiesto anni irti di ostacoli e di burocrazia ma anche di mosse geniali e di tenacia, per i dettagli dei quali invito alla lettura della biografia dell’imprenditore. Mentre Vittorio Nalin e io chiacchieriamo ci viene servito un bicchiere della sua salutare acqua termale. Intervisto allora il proprietario Nalin.


Signor Nalin, lei ha avuto tre figlie. Villa dei Cedri sarà per loro una bellissima eredità
Ritengo che i figli non abbiano bisogno della nostra eredità materiale. L’eredità va al popolo. I figli vanno incoraggiati a costruirsi da soli la loro fortuna. E questo vale sia per i maschi sia per le femmine. Oltretutto le femmine di oggi sono i maschi di ieri. Se ci pensa, le tre persone più potenti d’Europa sono donne: la cancelliera tedesca Angela Merkel, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la presidente della BCE, la Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, che ha sostituito Mario Draghi.

Guardando questa bella villa e il suo vasto parco aperti al pubblico, mi viene in mente Napoleone, che adibì grandi giardini privati a verde pubblico, come a Venezia. Lei è un fan di Bonaparte?
In effetti il mio trisavolo aveva avuto nove figli, tutti maschi, e li aveva chiamati “Napoleone” per l’ammirazione nei confronti di questo generale. Per distinguerli, venivano chiamati secondo l’ordine di nascita: Napoleone Primo, Napoleone Secondo e così via fino a Napoleone Nono. Io discendo da Napoleone Sesto. Aneddoti di famiglia a parte, anch’io sono affascinato dalla figura di Napoleone. Pensi che a Rivoli Veronese, la vicina località in cui nel 1797 ci fu la battaglia vinta contro gli austriaci dall’Armata d’Italia guidata dal giovane generale corso, ho aperto il Ristorante Bonaparte e la Residenza Napoleone.



Lei ha saputo valorizzare il territorio veronese, che è ricco di storia, di acque termali e di eccellenze enogastronomiche. Che ripercussioni ha avuto questa pandemia sulle sue attività?
Se non ci fosse il Covid-19, qui sarebbe pieno: il parco, l’hotel e tutte le residenze che abbiamo. Quello che ci ha danneggiato più di tutto è il divieto di transito delle persone. Uno che abita a Verona va a dormire a casa sua, non viene in hotel. Qui abbiamo quasi sessanta appartamenti più un hotel quasi vuoti, perché chi solitamente decide di pernottare viene da Milano, da Torino, da Firenze, da Bologna... Per fortuna, ci si può spostare da una regione all’altra per cure termali certificate.
In una sala di Villa dei Cedri ha fatto mettere un gran coda per ospitare concerti, perché lei è anche un musicista.
Sì, sono un pianista e con alcuni amici mi diverto a suonare musiche americane. Siamo appassionati di jazz: George Gershwin, Cole Porter, Duke Ellington... Niente di classico e niente di rock.

Il parco mi ha molto colpito: ho notato che ci sono diverse specie arboree.
Questo parco in effetti è un giardino botanico con alberi centenari. Per questo accanto alle piante ho fatto mettere i cartelli didattici. Qui hanno importato piante dalle Americhe fin dall’Ottocento. Per capire quanto sono antiche basta vedere le dimensioni. Abbiamo perfino due rari alberi messicani, proprio al bivio del vialetto d’entrata: sono i cipressi di Montezuma. Questo elegante “capitano” e io ci salutiamo. Mi dirigo verso il maestoso cipresso di Montezuma, considerato sacro dagli Aztechi e dichiarato albero nazionale del Messico nel 1910. La passeggiata è rigenerante e prosegue in lungo e in largo tra sentieri nel verde con romantici sedili in pietra. Non ci sono solo alberi giganti cosparsi di nidi, naturali o a cassetta, ma anche alberelli e arbusti: individuo tassi, pungitopo carichi di bacche rosse, cespugli di calicanto con i loro inebrianti fiori gialli. C’è un viale di profumatissimi nespoli del Giappone. C’è l’alloro dalle forme bombate proprie dell’arte topiaria.

Il bosso di una grande aiuola rotonda si trasforma in un parterre de broderie a forma di rosa dei venti, visibile dalle finestre sul retro della Villa dei Cedri, mentre l’affaccio principale è dominato da un vasto prato erboso con sullo sfondo un imponente cedro dell’Himalaya e un boschetto di lecci sotto le cui fronde anni addietro danzavano gli ospiti. Vicino al belvedere della serra, un corbezzolo sempreverde protende i suoi rami come una scultura vivente, mentre altri più giovani, ancora in forma di cespugli, regalano fiori bianchi e frutti rossi all’unisono. Proprio per le sue tinte nel Risorgimento questa pianta rappresentava il nostro tricolore e fu celebrata da Giovanni Pascoli nell’ode Al corbezzolo: “… O verde albero italico, il tuo maggio è nella bruma: s’anche tutto muora, tu il giovanile gonfalon selvaggio spieghi alla bora…”.
Nel 1866, a seguito della disastrosa battaglia di Custoza contro gli austriaci, Francesco Miniscalchi Erizzo (1811-1875), proprietario di Villa dei Cedri, diede ricovero a tanti soldati feriti, in ambasce perché anche il suo primogenito Marco aveva preso parte allo scontro.
Miniscalchi era un grande viaggiatore: fu geografo, etnologo, appassionato di lingue orientali e fu tra i promotori della Società geografica italiana. Essendosi schierato per il movimento indipendentista, venne poi eletto senatore. Nel 1911 la villa fu venduta a Giacomo Treves de Bonfili, nobile padovano di discendenza ebraica il cui padre era stato senatore. Nel 1940, insieme ai figli Alberto e Adolfo, Giacomo Treves aveva assunto il cognome della madre non ebrea, Baldissera, per sfuggire alle persecuzioni. Nel frattempo nel 1938 la proprietà era stata venduta a Piero Solbiati (1898-1955), un industriale e banchiere di Busto Arsizio che ne fece dono alla moglie Bice.
Entrambi i figli di Giacomo furono arruolati. Alberto Baldissera, in Africa settentrionale dal 1941 al 1943, si era distinto come ufficiale combattente e aveva avuto un ruolo di collegamento tra il comando italiano e il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel, la volpe del deserto.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 Villa dei Cedri, requisita dalle forze germaniche come tante dimore gardesane, divenne per tre mesi il quartier generale di Rommel, che aveva l’ordine di smantellare l’esercito italiano nell’area settentrionale del Paese. La villa fu poi occupata dagli americani e, dopo la Liberazione, tornò a Bice Solbiati.

È da lei che Nalin l’ha acquistata riportandola all’antico splendore. Finalmente m’immergo nell’acqua dalle mille virtù del laghetto più grande. Lungo tutto il perimetro vi sono scrosci di acqua tiepida per massaggiare vigorosamente la schiena. Noto anche un sollevatore per consentire l’entrata in acqua a persone con disabilità e un’area adibita ai bambini. La temperatura esterna è invernale ma nelle acque placide alimentate dalla sorgente termale si sta d’incanto. La natura, con il suo cinguettio, fa da colonna sonora. In questa stagione cadono piccole pigne dai cipressi di palude: me le ritrovo tra le mani a sprigionare balsamici oli essenziali.
Da un lato, verso un ponticello di gusto orientale, c’è un angolo con idromassaggio.
Sullo sfondo, c’è una grotta risalente al parco originario che costituiva l’imbarcadero del laghetto. Vi si entra attraverso cortine d’acqua a cascata: oggi ospita giochi di luce per cromoterapia, zampilli per riattivare la circolazione e getti d’acqua per la cervicale. Dall’altro lato del laghetto, due ampie vasche idromassaggio muovono acqua a temperatura più elevata. Nel centro del lago si vedono tre cerchi contornati dal legno: è da lì che partono i geyser rinfrescanti nella stagione calda, ora inattivi. Di sera il lago s’illumina: luci colorate e nebbia creano effetti fiabeschi.

Testo e foto di Stefania Nigretti
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