Elliott Erwitt  - Family

Elliott Erwitt - Family

 La mostra Elliott Erwitt - Family è al Mudec Photo, lo spazio dedicato alla fotografia che fa capo al Museo delle Culture, in via Tortona 56, a Milano, dal 16 ottobre al 15 marzo 2020.
L’allestimento è stato curato da Biba Giacchetti, che per lo stesso autore, ora novantunenne ma ancora prolifico di iniziative, nelle due stagioni precedenti si era già occupata delle mostre Personae (2018-2019) alla Reggia di Venaria Reale nel Torinese e Kolor a Palazzo Ducale di Genova (2017). 
Nato a Parigi nel 1928 da genitori ebrei di origini russe, Elliott Erwitt visse a Milano fino all’età di dieci anni. Nel 1938, a causa delle leggi razziali emanate dal regime fascista, la sua famiglia fu costretta a tornare nella capitale francese e poi a emigrare negli Stati Uniti. In pochi anni Elliott passò da New York a Chicago fino a Los Angeles, dove, dal 1942 al 1950, studiò prima fotografia e poi cinema. Nel 1949 ebbe anche la possibilità di viaggiare per la Francia e per l’Italia iniziando così la sua carriera di fotografo.

Nel 1951 fu arruolato nell’esercito americano come assistente fotografo, spostandosi tra il New Jersey, la Francia e la Germania.
Robert Capa, che aveva avuto modo di apprezzarlo come giovane fotografo già nel 1948, nel 1953, dopo che fu congedato dall’esercito, lo prese a lavorare con sé alla Magnum Photos, l’agenzia di fotogiornalismo da lui stesso fondata nel 1947 a New York insieme con Henri Cartier-Bresson e altri fotoreporter con l’idea che conservando negativi e diritti d’autore potessero essere liberi dalle imposizioni dei giornali. Elliott Erwitt ne sarebbe diventato presidente nel 1968, ricoprendo tale carica per tre nomine. Nella sua lunga e variegata carriera Erwitt negli anni Settanta si occupò anche di film documentari che gli valsero diversi riconoscimenti.

Erwitt ha scelto personalmente i sessanta scatti in bianco e nero da mettere in mostra al Mudec su un tema, quello della famiglia, su cui, avendo avuto quattro matrimoni, sei figli, numerosi nipoti e anche qualche animale domestico, che lui ha sempre considerato appartenente a tutti gli effetti al nucleo famigliare, ha molto da dire. 
Il grande fotografo mostra al pubblico alcuni scatti intimi della sua famiglia, come quello del 1953 in cui si vede neonata sul lettone la sua prima figlia, Ellen, con la madre e un gatto che la osservano. Oppure i due scatti del 1977 in cui la giovane moglie nuda, in piedi e di profilo, prima con il pancione è seria e poi con la figlia neonata allegramente ai suoi piedi quasi in forma di ombra, di prolungamento di sé, è serena e felice.
I quattrozampe non sono per niente da sottovalutare nell’universo iconografico di questo fotografo, che li ha sempre amati e saputi valorizzare al punto che campeggiano in diverse fotografie personali e no. L’immagine eletta a totem della mostra è uno scatto per la pubblicità di un marchio di scarpe. Una donna in stivali, di cui s’intravede la gonna, è accanto a un alto alano, di cui si vedono le sole zampe anteriori slanciate, e porta al guinzaglio un cagnolino minuscolo con il suo cappellino vezzoso: è lui la vera star perché la scena è ripresa alla sua altezza. E voilà la famiglia è servita. 
Perché in mostra non c’è soltanto la famiglia tradizionale, come quella che ci accoglie all’inizio del percorso con lo stereotipo americano dei genitori con due figli sul divano. Il concetto stesso di matrimonio è avvolto d’ironia in un matrimonio nudista: uno scatto in cui sposi, testimoni e celebrante sono nudi, con il velo della sposa a richiamare in chiave ironica la tradizione.
Lo sguardo di Erwitt non è mai banale, anche quando lavora sulla leggerezza. Osservatore attento e ironico, lui sa rendere l’elemento stravagante uno spunto di riflessione. Del resto è sua la frase: “Se le mie immagini aiutano qualcuno a vedere le cose in un certo modo, probabilmente è per guardare le cose serie con più leggerezza. Tutto è serio ma anche no”.
Nella famiglia come comunità di affetti di Elliott Erwitt - Family non possono mancare mentori e amici. Come non commuoversi davanti all’immagine di Julia, la mamma di Robert Capa (1913-1954), il temerario fotografo di tanti scenari di guerra, riversa sulla tomba del figlio scomparso a soli quarant’anni in Indocina mentre scattava una foto a una colonna di soldati francesi entrando inconsapevolmente in un campo minato?

L’amicizia ha legato dal 1947 Erwitt anche al fotografo Robert Frank (1924-2019), scomparso il 9 settembre scorso. Ci sono in mostra una foto tenera di lui del 1951 in cui è sul letto con il figlio neonato Pablo e una foto romantica del 1952 in cui balla con la moglie in una piccola cucina, uno scatto “rubato” a Valencia. Ecco in queste foto non è la tecnica a prevalere ma l’emozione di un attimo unico e irripetibile: lo sguardo è poetico, quello tanto caro a Cartier-Bresson, tra i maestri di Erwitt.
Ed è lo stesso sguardo che sa cogliere l’affetto tra un ragazzino cowboy e il suo cane in uno scatto del 1954 che ricorda all’autore il suo amore incondizionato per un cane in gioventù. 
In una nota foto del 1955 un nonno con il basco in testa va in bicicletta in una tranquilla strada alberata della Provenza portando con sé due baguette e il nipotino che ha il suo stesso copricapo e si gira per lo scatto al segnale convenuto con il fotografo: un sassolino sul selciato.

In una sequenza di foto del 1975 nonna e nipotino sono sul bagnasciuga: il bambino è in costume da bagno e la nonna interagisce con lui vestita di tutto punto e con le scarpe. 
Matrimoni, nascite, morti (c’è anche il funerale di John Fitzgerald Kennedy attraverso la disperazione trattenuta del fratello Robert e le lacrime di Jacqueline che la veletta nera non può trattenere), il dialogo tra generazioni di genitori e figli e nonni e nipoti, insomma gli affetti che segnano un’esistenza sono qui rappresentati sotto lo sguardo ora ironico ora empatico di un grande della fotografia.

Testi e foto Stefania Nigretti