Letizia Battaglia: Storie di strada

Letizia Battaglia: Storie di strada

Letizia Battaglia, palermitana, nel 1971 era stata accolta nella città meneghina a braccia aperte. “Nel 1971 Milano mi ha accolta e dato le opportunità di decidere della mia vita. Avevo 36 anni e qui, non a Palermo, ho cominciato a essere una fotografa”, dice lei stessa. Milano negli anni Settanta era in fermento. Erano i tempi delle lotte operaie, delle prime conquiste delle donne per le donne, dell’impegno di alcuni artisti e intellettuali coraggiosi, come Franca Rame e Dario Fo, immortalati in mostra durante lo spettacolo pomeridiano di burattini il 14 aprile 1975 alla Palazzina Liberty strappata al degrado in cui versava.
Protagonisti degli scatti sono i tantissimi bambini e giovani del quartiere, con la loro compostezza e i volti assorti, chiamati a una forma d’intrattenimento intelligente, utile per creare futuri cittadini. Non per niente dal 2017 l’edificio del 1908 sarebbe stato intitolato alla coppia che vi aveva allestito tanti spettacoli di rottura con il collettivo teatrale la Comune dal 1974 al 1980.

Pier Paolo Pasolini invece è stato colto dalla Battaglia in lunghe “sequenze” durante una conferenza del 1972 al Circolo Turati di Milano sul tema Libertà d’espressione tra repressione e pornografia, dopo che il suo film I racconti di Canterbury, orso d’Oro a Berlino nella forma originale integrale, era stato pesantemente censurato in Italia: il volto familiare, scavato, e le mani con la loro meravigliosa gestualità lo restituiscono all’osservatore di oggi ancora vivo e presente. Da subito Letizia Battaglia si rivela una fotografa attenta alla politica nell’accezione originaria di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Del resto “Il privato è politico” era lo slogan di allora.
A Milano Letizia si fa contagiare da persone che cercano attivamente di migliorare la società. Forte delle proprie esperienze milanesi, che l’avevano portata a collaborare anche per il Corriere e per Il Giorno, Letizia Battaglia consolida la volontà di procedere sulla strada della fotografia, che l’aiuterà a dare vita a un meraviglioso percorso di autonomia, lei che era stata sposa a sedici anni e subito madre di tre figlie. Così torna piena d’idee e con una nuova determinazione nella sua Palermo: dal 1974 al 1991, dirige il quotidiano L’Ora della sua città, con il quale aveva cominciato a collaborare dal 1969, e fonda con Franco Zecchin, suo compagno, l’agenzia Informazione fotografica. Palermo è preda dei delitti di mafia, ma Letizia non si tira indietro: ne riprende l’orrore per scuotere le coscienze. Alcuni scatti in mostra riguardano Peppino Impastato, il giornalista e attivista morto nel 1978 in concomitanza con l’uccisione da parte delle Brigate Rosse di Aldo Moro: è anche per questo che sulla stampa italiana la sua scomparsa passò in secondo piano.

Nella foto che ritrae una locandina di allora che ne “grida” l’assassinio, fatto passare prima per suicidio e poi per attacco terroristico; vi si legge a chiare lettere: “L’omicidio ha un nome chiaro: mafia”. In mostra, seduta compostamente sul divano con accanto un ritratto del figlio morto, c’è anche la foto della madre di Peppino, Felicia Bartolotta Impastato, che lotterà strenuamente per ottenere la verità giudiziaria sulla tragedia. Colpiscono al cuore le foto di Letizia Battaglia di questo periodo. Lei si reca a riprendere la verità cruda di moltissimi delitti di mafia: è una mattanza. Fra le innumerevoli immagini mi sono rimasti impressi un parabrezza in frantumi capace da solo di alludere alle tante vite spezzate e la scrivania cosparsa di fiori di Giorgio Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo, dopo il suo assassinio, il 21 luglio 1979, con l’angolo dei telefoni che non squilleranno più.
Il 6 gennaio 1980 Letizia si trova per le strade cittadine, in via della Libertà, nota un piccolo gruppo di persone attorno a un’automobile, pensa a un incidente, e con la sua fedele macchina fotografica si avvicina per renderne testimonianza. Fotografa la scena sul momento: pochi scatti. L’uomo ferito è suo coetaneo: scoprirà poi trattarsi di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia.
È stato crivellato di colpi dal finestrino mentre si accingeva a recarsi a messa con la famiglia. Il fratello Sergio si è precipitato in strada per estrarlo ancora in vita, ancora per poco però… Sono attimi cruciali anche per Sergio Mattarella, che da quel momento, vocato all’insegnamento, si prenderà in carico la passione politica del fratello, non potendosi sottrarre a tale prepotente richiamo.
Si cambia registro. Appartiene al 1980 pure La bambina con il pallone del quartiere La Cala di Palermo, che ha reso la nostra fotografa famosa in tutto il mondo.
È il volto intenso di un’adolescente di dieci anni, con il viso imbronciato perché è appena stata sospinta verso un portone “graffiato”, colta dalla Battaglia con il pallone da calcio nella cornice di una Palermo difficile.

 Donna che fuma scattata a Catania nel 1984, scelta come immagine iconica della mostra perché propone una donna che non vuole essere da meno rispetto a nessuno. Guardandola si legge in lei una forte autodeterminazione, pari a quella di chi l’ha immortalata.
I soggetti in mostra sono tanti, famosi come alcuni magistrati dal giudice Giovanni Falcone, al funerale del generale Alberto Dalla Chiesa, al pubblico ministero Roberto Scarpinato, nella cui foto si vede piccolo piccolo Giulio Andreotti contro il quale era stato istruito il processo, politici come Enrico Berlinguer,  e Leoluca Olando, con la cui giunta Letizia ebbe un ruolo come assessore comunale dopo essere stata consigliera con i Verdi. 


C’è molta Sicilia semplice e allegra in mostra: coppie che festeggiano la Pasquetta con i carciofi come da tradizione, amanti che ballano, che si baciano, in un brulicare di vita e di passione.
E poi ci sono tante ragazze nel fiore degli anni, simbolo di vita, di speranza, di pacificazione, di serenità, alle quali Letizia Battaglia, lo si coglie dal video nell’ultima sala con il contributo diretto della fotografa, in un gioco di sovrapposizioni, affida come un balsamo le ferite degli anni bui della mafia con la sua scia di morte.

Testo e foto di Stefania Nigretti
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